Che zucchero e zucchero! Nella salsa di pomodoro ci vuole la cipolla: cipolla! Altro che zucchero... lo zucchero caria i denti. Zucchero qua, zucchero là; ma chi ha iniziato a mettere lo zucchero nel caffè? Eh? Chi è stato il primo? Se ti trovo, ti faccio condire anche l'acqua della pasta con lo zucchero. Lo vedi questo? Sai cos'è? Bravo, è caffè... e com'è il caffè? Amaro, sì. Vedi che le sai le cose, mica sei scemo. Come dici? Che non ti piacciono le cose amare? E chi te lo fa fare di berti il caffè? Mia zia novantenne dice che il caffè si beve arraggiat' arraggiat', arrabbiato arrabbiato: bollente, amaro e d'un sorso. Il piacere del caffè sta tutto nel dispiacere delle papille gustative, ma pochi lo capiscono. E via a zuccherare il caffè. Zucchero a destra e a sinistra. Nella salsa, nel caffè, nel mais in scatola. Ma come ve lo devo dire? Lo zucchero caria i denti! E che ci azzecca con la salsa di pomodoro? Prepari il trito di aglio-cipolla-sedano-carota, scaldi l'olio e fai soffriggere con amore, finchè il profumo non si è diffuso in tutta la casa. Aggiungi la passata di pelati e fai restringere e sali e ci aggiungi la fogliolina del basilico e giri col cucchiaione di legno. Prova ad assaggiare, ora. Una punta, solo una punta di cucchiaio: prova. Serve lo zucchero? No, bravissimo. E sai perchè? Perchè se ci metti abbastanza cipolla, l'acidulo della passata si smorza da solo. Non starai mica piangendo! Oh no, è solo la cipolla. Vedi com'è più soave la dolcezza che ci fa venire le lacrime agli occhi?
21 gennaio 2008
18 gennaio 2008
Ragnetto e ragnetta
Un ragnetto misurava le dimensioni dello schermo di un computer e con le sue zampine tutt'intorno andava. Un giorno, vide una bella ragnetta e iniziò a fare la ruota come un pavone. La ragnetta, che aveva un debole per i pavoni, s'invaghì del ragnetto. "Vuoi ballare con me?" gli chiese. "Non sono capace" fece il ragnetto. E la ragnetta: "T'insegno io. Poi, sarai tu ad insegnarmi qualcosa di nuovo". Così, la ragnetta prese il ragnetto per le zampine, sorrise e iniziò a muoversi a tempo: "Un-du-tre, un-du-tre, un-du-tre... questo è il waltzer". Ballarono fino a non avere più fiato. Ragnetto si era divertito un sacco ed era felice di avere imparato il waltzer, ma voleva imparare anche altre danze, così chiese a ragnetta di insegnargli anche la quadriglia e il minuetto. "Non posso" rispose ragnetta, con la faccia scura, "So contare solo fino a tre". Improvvisamente gli occhi di ragnetto s'illuminarono: "Allora t'insegnerò a contare, così saremo pari". Ragnetta era sbalordita: "Davvero sai contare?". Ragnetto annuì: "Di mestiere misuro gli oggetti, so contare fino a... infinito!". Non era proprio vero che ragnetto sapesse contare fino a infinito, ma, visto che ragnetta aveva un debole per i pavoni, ogni occasione era buona per pavoneggiarsi e fare la ruota davanti a lei. "Per ora t'insegnerò a contare fino a otto, perchè poi diventa troppo difficile" mentì di nuovo ragnetto, che sapeva contare solo fino a otto, cioè sulle punte delle sue otto zampette di ragno. Ragnetta era entusiasta: sapendo contare fino a otto avrebbe potuto imparare moltissimi nuovi balli, così, in men che non si dica, arrivò al quattro, al cinque, al sei... fino all'otto. "Un-du-tre, quattro, cinque, sei, sette e otto!" proclamava contenta, davanti ad otto granelli di polvere, ad otto formiche che passavano in fila indiana, a tutto ciò che potesse contare, finchè con un sinuoso muovimento si avvicinò alle zampe di ragnetto. "Un-du-tre, quattro, cinque, sei, sette ... otto? Un pavone con otto zampe?". Ragnetto smise improvvisamente di fare la ruota e pavoneggiarsi e disse: "No, sono un comune ragnetto a otto zampe. Ho fatto il pavone per far colpo su di te". Ragnetta diventò rossa di vergogna e scoppiò a piangere: "Buuuuh, non so distinguere un ragno da un pavone! Buuuuh, che stupida che sono!". E ragnetto: "Su, non piangere così. Ora che sai contare fino a otto, puoi distinguere i ragni dai pavoni e tutti gli animali contando le loro zampine. Solo con i millepiedi devi stare attenta, perchè a mille non sei ancora arrivata e, per la verità, non ci sono arrivato neanch'io. Non so contare fino a infinito, ma se vuoi, possiamo imparare insieme". Ragnetta si asciugò le lacrime e disse: "Più numeri impareremo, più balli potremo fare e più animali potremo distinguere contando le loro zampe. Andiamo dal millepiedi a farci insegnare!". Così ragnetto porse la zampetta a ragnetta e, a braccetto, trotterellarono felici verso la tana del millepiedi.
Pubblicato da Salamandra alle 09:07 2 commenti
16 dicembre 2007
Rimandata la quinta glaciazione
Pare che le principali glaciazioni nella storia della Terra resteranno quattro, almeno per ora. Le strade tornano approssimativamente praticabili mentre il ghiaccio formatosi durante la notte si piscia addosso, dileguandosi goccia a goccia. Tra un paio di giorni ogni traccia di neve sarà scomparsa, i treni rimessi in funzione, il Natale restituito alle vetrine dei negozi. Vorrei che le automobili si dileguassero goccia a goccia come il ghiaccio, lasciando soltanto un'innocua e fetida macchia per terra. Voglio sentire gli odori dell'inverno che ho disimparato a conoscere e che chissà se i bimbi delle metropoli conosceranno mai.
Pubblicato da Salamandra alle 18:06 1 commenti
15 dicembre 2007
Marketing natalizio
Il mio cane è venuto a trovarmi nel letto e quando ho aperto gli occhi era sabato e c'era la neve.
La città insolitamente ammantata di bianco è il set perfetto per una pubblicità della Bauli. Viene da pensare che questa neve sia una megaoperazione di marketing natalizio.
I ragazzi sono usciti da scuola in anticipo, a stento si sono seduti ai banchi, e i seminaristi giocano a palle di neve, rubicondi e gioiosi. La tentazione di scendere a giocare con loro è forte, visto che non c'è occasione migliore per dissimulare un violento disprezzo in una scherzosa guerra di candidi fiocchi. Sicuramente i bravi genitori porteranno i loro bimbi in campagna, dopopranzo, e proveranno a costruire un pupazzo di neve raschiando il terreno ghiacciato. Sarà allora che i bambini si renderanno conto che non è proprio come nei cartoni animati, che la neve è fredda e sporca, perlopiù, e per non intaccare la poesia bisognerebbe non toccarla affatto e non guardarla mentre si scioglie e diventa grigia, marrone, compatta. Tutti escono di casa per vedere la neve, ma alla neve non sono abituati, così scivolano sul ghiaccio cadendo culo a terra per le strade e le auto slittano sull'asfalto, finendo fuoristrada. Doppio lavoro, oggi, per i Servizi Emergenza Radio: sento già la bitonale della prima ambulanza della giornata.
Mi ha sempre sorpreso il mondo in cui la neve cade: in silenzio, per quanto violenta e abbondante possa essere. Non è come la pioggia. La pioggia precipita con un gran baccano familiare e un odore caratteristico. La città diventa zuppa, una zuppa di strade e palazzi e persone, un minestrone di scompiglio e umidità. La pioggia corrompe, la neve conserva. La pioggia è una precipitazione. La neve è una deposizione. Si deposita senza avvisare nessuno che non sia a testa scoperta sotto il cielo. Nessun rumore, al massimo un maggior silenzio: nessuno si aspetta alcunchè quando esce di casa o si affaccia alla finestra e invece esci e si è trasformato tutto, tutto bianco, tutto coperto. Possibile che una cosa così silenziosa riesca a tramutare interi panorami in un attimo?
Certo che è strano avere la neve qui... ma questo non è il jingle della Bauli?
I ragazzi sono usciti da scuola in anticipo, a stento si sono seduti ai banchi, e i seminaristi giocano a palle di neve, rubicondi e gioiosi. La tentazione di scendere a giocare con loro è forte, visto che non c'è occasione migliore per dissimulare un violento disprezzo in una scherzosa guerra di candidi fiocchi. Sicuramente i bravi genitori porteranno i loro bimbi in campagna, dopopranzo, e proveranno a costruire un pupazzo di neve raschiando il terreno ghiacciato. Sarà allora che i bambini si renderanno conto che non è proprio come nei cartoni animati, che la neve è fredda e sporca, perlopiù, e per non intaccare la poesia bisognerebbe non toccarla affatto e non guardarla mentre si scioglie e diventa grigia, marrone, compatta. Tutti escono di casa per vedere la neve, ma alla neve non sono abituati, così scivolano sul ghiaccio cadendo culo a terra per le strade e le auto slittano sull'asfalto, finendo fuoristrada. Doppio lavoro, oggi, per i Servizi Emergenza Radio: sento già la bitonale della prima ambulanza della giornata.
Mi ha sempre sorpreso il mondo in cui la neve cade: in silenzio, per quanto violenta e abbondante possa essere. Non è come la pioggia. La pioggia precipita con un gran baccano familiare e un odore caratteristico. La città diventa zuppa, una zuppa di strade e palazzi e persone, un minestrone di scompiglio e umidità. La pioggia corrompe, la neve conserva. La pioggia è una precipitazione. La neve è una deposizione. Si deposita senza avvisare nessuno che non sia a testa scoperta sotto il cielo. Nessun rumore, al massimo un maggior silenzio: nessuno si aspetta alcunchè quando esce di casa o si affaccia alla finestra e invece esci e si è trasformato tutto, tutto bianco, tutto coperto. Possibile che una cosa così silenziosa riesca a tramutare interi panorami in un attimo?
Certo che è strano avere la neve qui... ma questo non è il jingle della Bauli?
Pubblicato da Salamandra alle 11:07 1 commenti
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