1 settembre 2008

La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle

Le stelle ci attirano da sempre perchè, se le guardiamo senza altre interferenze luminose, ci sembra di poterne cogliere una manciata solo tendendo una mano. Questa è la spiegazione che l'Uomo delle Immensità Siderali ha fornito ieri a quanti sono stati ad ascoltarlo a naso in su con gli occhi brillanti nel buio pesto, ai piedi del Castello Esagonale Ottagonale. Il cielo è stato carino a presentarsi all'appuntamento bello pulito, limpido, spazzato di fresco da chissà quali venticelli di fine estate, pronto a fungere da sterminata lavagna, planetario in scala 1:1. L'Uomo delle Immensità Siderali era dotato di accento padano e di un laser verde per indicare nella notte dove gli antichi vedevano un cigno, dove un'orsa, dove Ercole che brandisce un'arma. Mentre il cielo girava come una mezza arancia sullo spremiagrumi - che era la stella polare - c'era una specie di vertigine a stringermi lo stomaco, perchè la sensazione del limite della vita, della materia, della ragione è fortissima quando si è al cospetto di tempi così lunghi che sembrano sfiorare l'eternità, di distanze così sterminate che fanno girare la testa. Il tutto che c'è qui è ben poca cosa rispetto al niente e al forse che sono di là. La curiosità e la strizza equivalevano al voler forzare i limiti e alla coscienza di averne. Siamo i neonati dell'universo e lo saremo anche tra 100 anni, quando chissà dove saranno finiti il carbonio e l'acqua che da una "palla di neve sporca" sono passati a noi perchè abbiamo vinto - o perso? - una specie di lotteria.
Nello stupore silenzioso, sul filo di una stordita curiosità, qualcuno si è emozionato davvero e - proooot! - ha scorreggiato commosso, facendoci tornare sulla Terra.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

castello ottagonale :P

r.

Salamandra ha detto...

Sì, è vero, stavo giusto appropinquandomi a correggere la svista, ma vedo che mi hai battuta sul tempo. Maledizione, sei stato una scheggia!